Questo è il primo Natale in vita mia che passo in terra straniera. Che sensazione si prova? Tanta tristezza e solitudine.
Sembra scontata come risposta, sembra banale, ma il ricordo di tutti i pranzi e le cene trascorse con la mia famiglia è vivido nella mia mente: tutti gli anni andavamo a casa dei miei nonni materni per celebrare la cena di Natale! Non è mai stato un fatto religioso per quanto mi riguarda: è vero che dieci anni fa le miei radici cristiane erano radicate nella mia anima talmente tanto forte che non avrei mai potuto affermare quello che dico adesso, e cioè che il Natale non conta un accidente di niente per quanto mi riguarda. Anzi, non fa altro che infondermi rabbia e nervosismo contro tutte quelle persone che si ricordano di essere umane soltanto in questa giornata. E via con l’elemosina, con le buone azioni, con le puttanate a pieno regime.
Io ho un’idea diversa di queste feste. Per me è legata all’idea della famiglia, all’idea delle tradizioni da mantenere, all’idea di tornare nel proprio paese natale e stare tutti insieme! Famiglia, amici distanti, universitari e emigranti, tutti! In questo periodo non manca nessuno. E quest’anno manco io.
Molto ma molto triste per quanto mi riguarda. Non siamo ancora nella tragedia, ovviamente!
Ieri è stata una bella giornata: ieri mattina siamo andati io e Gintare, la ragazza dalla Lituania, in un paese di montagna vicino a Novaci, si chiama Ranca. E’ un resort turistico di medie dimensioni, con molti turisti (il termine “molti” naturalmente va adattato alla Romania) e qualche straniero. Ci siamo avventurati in una splendida passeggiata nel bel mezzo della montagna, alla stupenda e inebriante temperatura di meno 10 gradi; stavo per schiattare di freddo, ma nel momento in cui ci siamo fermati, nel momento in cui siamo rimasti immobili nel bel mezzo di una strada piena di neve e ghiaccio, tutto si è trasformato: silenzio, tanto tanto tanto silenzio come mai avevo ascoltato. Chiusi gli occhi, il panorama di fronte a noi è scomparso dentro una nuvola: nè sole, nè uccelli, nè uomini, nè luce, nè ombra; nulla. E tutto.
Sentivo il respiro della Terra. Sentivo me stesso, nudo, immobile, immateriale di fronte a tutto quello che mi circondava. Impotente e dio. Uomo e animale.
Non riesco nemmeno a contare tutte le emozioni provate di fronte allo spettacolo della Natura. Quanto mi sono sentito piccolo in quelle montagne che ogni mattina mi sembrano cosi lontane.
Dannata Romania! Chi poteva mai immaginare che riservasse delle emozioni cosi belle? Dannatamente vero che prima di parlare di qualsiasi cosa, bisogna viverci insieme.
E per finire, ieri sera c’è stata una simpaticissima cena con tutti gli altri volontari: ognuno di noi ha cucinato un piatto diverso, è stata un’altra bella serata passata con persone cosi differenti da me.
Ed ogni giorno scopro qualcosa di nuovo sugli altri volontari: Gintare che mi parla della sua famiglia, Patricia del suo lavoro nella libreria della sua città in Portogallo; ed aggiungo sempre più mattoni al muro della nostra amicizia. Muro che non farò in tempo ad ultimare, ovviamente: quando finiremo questo progetto, saranno trascorsi nove mesi. Pochi per conoscere realmente qualcuno, pochissimi per capire chi hai di fronte. Da un lato è meglio cosi: il distacco sarà più facile, probabilmente. Anche se, conoscendomi, la vedo dura a fine maggio ad abbandonare tutti gli altri. Non saremo il miglior gruppo di volontari del mondo, tre di noi hanno deciso di abbandonare il progetto, ma l’ambiente multiculturale che sto vivendo è stimolante in una maniera incredibile: il mio cervello lavora di continuo per tradurre in un inglese decente, per spiegare quello che diavolo sta succedendo nel nostro paese, per spiegare le mie esperienze di vita, e per cercare di capire le storie di coloro che mi circondano. Non è per nulla facile, ma è troppo divertente!
Trarre un bilancio di questo venticinque dicembre? Tutto sommato positivo, nonostante l’ouverture totalmente negativa di questo post. Questo per ribadire ancora una volta la mia instabilità emotiva perenne!
Fra due giorni tornerò a casa. Il 27 dicembre sarò di nuovo in Italia per un paio di settimane; non è cambiato niente in questi quattro mesi, continuano a ripetermi.
Già so la mia risposta: qualcosa è sicuramente cambiato.
Io.
R.